Lo sport è sempre uno spazio sicuro per i giovani?

L’ambiente sportivo può essere un luogo di crescita e sviluppo, di supporto ai giovani in una fase di vita complessa, nel delicato passaggio dall’infanzia alla vita adulta. L’attività fisica si associa a numerosi benefici fisici come rafforzamento muscolare e osseo, ma anche psicologici, come lo sviluppo di competenze sociali ed emotive, autostima, senso di autoefficacia, problem solving e comunicazione, alimentati dal continuo confronto con i pari. Tuttavia, lo sport non è sempre uno spazio sicuro per i giovani, in quanto gli stessi tipi di violenza che vengono perpetrati nelle famiglie e nella comunità possono verificarsi anche nel contesto sportivo.

Cosa si intende per maltrattamento infantile?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito il maltrattamento infantile come “l’abuso e l’incuria che colpiscono i bambini al di sotto dei 18 anni di età; questi includono ogni genere di maltrattamento fisico e/o emotivo, abuso sessuale, abbandono, negligenza e sfruttamento a fini commerciali o di altra natura, che abbia come conseguenza un danno reale o potenziale per la salute, la sopravvivenza, lo sviluppo o la dignità del bambino nel contesto di un rapporto di responsabilità, fiducia o potere”.
L’abuso infantile può verificarsi indipendentemente da fattori come l’età, il genere o le abilità del minore, e può riguardare maltrattamenti da parte di adulti o da parte di pari, con episodi di bullismo e pratiche scorrette.

Quali sono le possibili forme della violenza sui minori in ambito sportivo?

L’International Olympic Committee consensus statement: harassment and abuse (non-accidental violence) in sport (2016) individua molteplici forme di violenza sui minori, tra cui:

  • umiliazione e svalutazione psicologica che possono riguardare la prestazione sportiva, ma anche il genere o le caratteristiche fisiche (es. la forma del corpo);

  • regimi nutrizionali e di perdita di peso dannosi sia per la salute fisica che per quella psicologica, con possibile insorgenza di disturbi alimentari;

  • eccessiva pressione sui giovani atleti e dannosa richiesta di giocare in condizioni di infortunio o in caso di altri rischi per la salute, così come assenza di adeguato riposo dopo gli allenamenti, pur di raggiungere alte prestazioni;

  • pressione psicologica da parte dei genitori: estrema competitività che si manifesta con comportamenti abusanti, violenza o distacco emotivo e indifferenza verso i bisogni del minore;

  • utilizzo di sostanze psicoattive per migliorare le prestazioni (doping);

  • ferite causate da sforzi eccessivi e situazioni di rischio in ambienti pericolosi, così come lesioni causate dall’utilizzo dell’esercizio fisico e di altre forme di violenza come punizione, ritenute uno “stimolo” a migliorare la performance;

  • fenomeno del nonnismo in ambito sportivo: riti di iniziazione dannosi per la salute fisica, così come rituali sessualmente denigranti (es. denudare i giovani atleti);

  • abusi sessuali come prerequisito per essere selezionati in squadra o al fine di ricevere dei particolari privilegi.

Quali sono le conseguenze degli abusi sulla salute fisica e psicologica delle giovani atlete e delle giovani atlete?

Le forme di violenza e gli abusi fisici ed emotivi perpetrati in ambiente sportivo possono avere gravi conseguenze. Rispetto al corpo, i maltrattamenti sul minore possono avere conseguenze negative, come ad esempio:

  • lesioni e infortuni, ferite e sanguinamenti;

  • mancanza di nutrienti adeguati alla fase di sviluppo e riduzione drastica del peso corporeo;

  • insorgenza di malattie sessualmente trasmissibili;

  • peggioramento delle prestazioni sportive stesse.

Inoltre, per quanto riguarda gli effetti sulla psiche dei minori, tra le possibili conseguenze degli abusi troviamo:

  • insorgenza di disturbi alimentari (come anoressia e bulimia);

  • bassa autostima, difficoltà ad esprimere i propri stati emotivi e a socializzare;

  • insorgenza di disturbi d’ansia o di disturbo post-traumatico da stress;

  • sentimenti di inadeguatezza e di colpa, comparsa di sintomi depressivi;

  • comportamenti di autolesionismo (es. graffi, tagli, bruciature);

  • ideazione suicidaria, pianificazione e tentativi di suicidio.

Il bullismo e lo sport

Il bullismo è un fenomeno ampiamente diffuso e spesso sottovalutato. Il termine fa riferimento ad un comportamento aggressivo ripetitivo e intenzionale nei confronti di un pari, portato avanti da un solo bullo o da un gruppo di coetanei. La vittima subisce delle violenze psicologiche e spesso fisiche, con gravi rischi per il suo benessere, sofferenza psicologica ed esclusione sociale. Il bullismo è molto diffuso nelle scuole, ma anche sul web, dove assume il carattere di cyberbullismo, quando il comportamento aggressivo è portato avanti mediante strumenti tecnologici.

Anche in ambiente sportivo è possibile che si verifichino episodi di bullismo e la messa in atto di pratiche scorrette, con umiliazioni fisiche e psicologiche, insulti e percosse, che possono essere messi in atto dai compagni di squadra negli spogliatoi oppure attraverso la diffusione di video o altri materiali online, tramite lo smartphone.

L’Italia può essere considerato un paese in cui i giovani praticano sport?

Il presidente dell’Istat Giorgio Alleva nel 2017 ha illustrato i risultati dell’indagine “I cittadini e il Tempo libero” condotta nel 2015, evidenziando che:

  • un terzo della popolazione italiana (oltre 20 milioni) pratica sport nel tempo libero;

  • i bambini al di sotto dei 14 anni rappresentano un quinto degli sportivi italiani;

  • 6 ragazzi su 10 e 1 ragazza su 2 praticano sport in modo continuativo;

  • rispetto al passato è diminuita l’età media di inizio della pratica sportiva;

  • le nuove generazioni mostrano livelli di attività superiori, rispetto a quelli di generazioni precedenti;

  • circa l’89% di bambini tra i 3 e i 14 anni è seguito da un istruttore o da un allenatore.;

Inoltre, secondo le stime del CONI, nel 2017 sono circa 2.666.000 gli atleti under 18 (circa il 57% dei tesserati) in Italia: di questi, il 33% ha tra gli 8 e i 13 anni, mentre l’8% ne ha meno di 7.

Maltrattamento in ambito sportivo in Italia: un fenomeno sommerso

In Italia il fenomeno del maltrattamento minorile in ambito sportivo risulta ancora sommerso da una bassa presenza di servizi di tutela. L’indagine della Fondazione Onlus CESVI (Indice regionale sul maltrattamento all’infanzia 2018 e 2019) evidenzia che l’Abruzzo è al 15° posto tra le regioni per presenza di fattori di rischio e di servizi per potenziali maltrattanti. Questi dati riguardano il fenomeno della violenza sui minori in senso lato, poiché mancano in Italia stime riguardanti maltrattamenti e violenze sui minori nei contesti sportivi. Questi dati sono carenti anche a livello mondiale, come messo in evidenza dal report dell’Unicef (2010) “Protecting children from violence in sport”.

Nel nostro paese sono emerse diverse criticità riguardo ad azioni di contrasto e prevenzione della violenza a danno dei minori in ambito sportivo. Manca, ad esempio, un documento evidence-based di policy e un codice etico e di condotta condiviso e diffuso a livello nazionale contenente non solo linee guida in materia di abuso in ambito sportivo, ma anche utili indicazioni riguardanti strategie di prevenzione, riduzione del rischio e risoluzione a lungo termine del fenomeno. Inoltre, anche se in Italia risulta presente un adeguato piano normativo a tutela dell’infanzia, le iniziative di formazione, informazione e sensibilizzazione in materia di abuso di minori nei contesti sportivi sono carenti.

In conclusione, in Italia e in particolare nella regione Abruzzo, si rileva una grande esigenza di sviluppare politiche adeguate volte alla prevenzione e al contrasto di questa grave problematica sociale.

Alcune domande per capire se tuo figlio o tua figlia si trovano in un ambiente sportivo sicuro

  • L’allenatore esige che gli atleti utilizzino un linguaggio corretto, mai volgare e mai offensivo?

  • Se si verificano episodi di violenza (anche solo verbale) in campo, l’allenatore interviene e ne discute con la squadra?

  • L’allenatore dedica del tempo durante l’allenamento per parlare con i ragazzi e con le ragazze su atteggiamenti, comportamenti e linguaggio violenti?

  • L’allenatore e la dirigenza della società sportiva scoraggia e disapprova atteggiamenti e comportamenti negativi degli atleti e dei genitori nei confronti degli arbitri?

  • Nella società sportiva vengono presi provvedimenti quando i comportamenti degli atleti o dei genitori sono eticamente scorretti (es. atteggiamenti o gesti violenti, linguaggio violento…)?

Partecipa anche tu al cambiamento e proponi alla società sportiva di tua figlia o di tuo figlio di aderire al nostro progetto!