Cosa si intende per abuso e maltrattamento sui minori nello sport?

Con questo termine si definisce l’abuso e la negligenza di uno o più adulti nei confronti di bambini e bambine o di ragazzi e ragazze al di sotto dei 18 anni di età. Spesso siamo portati a considerare forme di abuso e maltrattamento solo le azioni fisiche, quei comportamenti cioè che possono lasciare dei segni sul corpo delle vittime, come ad esempio la violenza sessuale o le percosse. Sebbene queste siano forme di abuso molto grave, che possono verificarsi spesso anche in ambito sportivo, sappiamo che nello sport gli abusi più frequenti sono di tipo psicologico.

Gli abusi psicologici possono venire compiuti in tanti modi diversi. Per esempio, la trascuratezza ovvero il mancato rispetto delle norme di sicurezza, il mettere a rischio la salute dell’atleta attraverso esercizi difficili non adeguati alle sue possibilità fisiche o la somministrazione di sostanze e medicinali. Oppure ancora l’abbandono, ossia il non voler/saper gestire gli aspetti emotivi del fallimento della prestazione atletica. A questi si aggiunge l’abuso emotivo, come insulti e derisioni, ma anche l’esclusione, la svalutazione e il richiedere all’atleta più di quanto effettivamente sia in grado di dare nella prestazione, ignorando ad esempio altre necessità e attività che fanno regolarmente parte della vita di bambini e ragazzi. Anche la tolleranza di comportamenti di bullismo da parte dei compagni e delle compagne durante l’attività sportiva è considerata una forma di abuso psicologico.

Quali sono le conseguenze del maltrattamento e dell’abuso sulla salute di ragazzi e ragazze nello sport?

Le conseguenze degli abusi possono essere a breve e a lungo termine e presentarsi con effetti importanti sia sul corpo che sulla psiche dei giovani atleti e atlete. Rispetto al corpo, si possono verificare traumi e lesioni, dimagrimenti drastici, malattie sessualmente trasmissibili e anche un significativo peggioramento delle prestazioni sportive. Da un punto di vista psicologico, invece, il maltrattamento può portare all’insorgenza di disturbi alimentari come bulimia e anoressia, a disturbi ansiosi, come il disturbo post-traumatico da stress, oppure di sintomi depressivi, spesso legati al senso di inadeguatezza e di colpa, alla bassa autostima. In alcuni casi è possibile che si verifichino dei comportamenti autolesivi, come tagli, graffi, bruciature, fino a pensieri suicidari. Esperienze di abuso possono anche portare a problemi relazionali con gli amici, con la famiglia o con i compagni di scuola, attraverso l’isolamento, le difficoltà a socializzare e ad esprimere i propri sentimenti e le proprie emozioni.

Queste cose possono capitare a tutti allo stesso modo?

Sì, purtroppo tutti i giovani atleti e atlete possono subire abusi, fisici, sessuali o psicologici, indipendentemente dal genere e dall’età. Tuttavia, è importante sottolineare che non tutti reagiscono allo stesso modo e non tutti sono in grado di capire quello che sta accadendo. Non c’è un modo giusto o sbagliato di reagire, spesso l’imbarazzo, la paura e la vergogna, possono portare a tacere, negare o ad ignorare i maltrattamenti oppure si può arrivare a ritenere che quello che succede sia normale, perché appunto capita anche ad altri compagni e compagne di squadra.
Il documentario Netflix Atleta A (vietato ai minori di anni 14) racconta la storia del medico della squadra olimpionica di ginnastica artistica degli Stati Uniti, dove per molti anni ha abusato delle giovani atlete, spacciando per trattamenti medici dei veri e propri abusi sessuali. Non tutte le atlete hanno avuto il coraggio di parlare, altre non erano in grado, data la giovane età e la fragilità, di capire che quelli non erano trattamenti medici. Di recente si è parlato molto del caso della quindicenne pattinatrice russa, Kamila Valieva che è risultata positiva al doping alle ultime Olimpiadi. Allenatori e dirigenza hanno abusato della sua fiducia, mettendo a rischio la sua salute fisica e psicologica, a cui si è aggiunta la pressione dei media. La sofferenza per la situazione era ben visibile sul suo volto durante la sua esibizione che ne ha risentito anche sul piano tecnico e atletico.

Le conseguenze invece sono uguali per tutti?

No, le conseguenze cambiano a seconda della vulnerabilità e delle caratteristiche personali dell’individuo. Ogni persona è unica e non c’è un modo più giusto o più “vero” di soffrire. A volte i sintomi possono comparire dopo molti anni, per questo è importante imparare ad esprimere le nostre emozioni e i nostri sentimenti, senza sensi di colpa e vincendo la vergogna. Altrettanto importante è anche riuscire a capire le emozioni di compagni e amici, i cambiamenti inusuali nei loro comportamenti perché il supporto dei pari è fondamentale per riuscire a reagire in queste situazioni.
Gli adulti che fanno parte delle società sportive hanno l’obiettivo di allenare, insegnare, aiutare a crescere, supportare e proteggere i bambini e le bambine, ma anche i ragazzi e le ragazze, e non devono tradire mai la fiducia che i genitori e gli stessi atleti ripongono in loro.

Ma quindi l’ambiente sportivo non è un ambiente sicuro!!!

I maltrattamenti e gli abusi sui minori possono verificarsi in tanti contesti, come la famiglia, la scuola e la comunità. Non si può smettere di fare un’attività che ci piace per la paura di non trovarsi in un posto sicuro.
In particolare, l’attività fisica è molto importante, si associa a numerosi benefici fisici come rafforzamento muscolare e osseo, ma anche psicologici, come lo sviluppo di competenze sociali ed emotive, autostima, senso di autoefficacia, il tutto supportato dalla relazione con i compagni e le compagne di squadra e da tanto divertimento.

Il nostro progetto nasce proprio per queste ragioni, per sensibilizzare e formare gli adulti a creare e a promuovere ambienti in cui crescere, allenarsi e divertirsi in maniera sicura. Ma non solo, Safe Place Safe Play vuole aiutare ragazzi e ragazze a diventare atleti consapevoli, a riconoscere i comportamenti negativi e ad essere di supporto ai compagni e alle compagne in difficoltà.

Ecco alcune domande per aiutarti a capire se l’ambiente dove ti alleni può migliorare:

  • L’allenatore o l’allenatrice esige che tu e i tuoi compagni utilizziate un linguaggio corretto, mai volgare e mai offensivo?

  • Se si verificano episodi di violenza (anche solo verbale) in campo, l’allenatore o l’allenatrice interviene e ne discute con la squadra?

  • L’allenatore o l’allenatrice, quando un atleta è triste, piange o reagisce in maniera negativa ad una correzione, si ferma a fine allenamento per ascoltarlo?

  • I tuoi compagni o le tue compagne ti supportano e ti aiutano quando sbagli qualcosa o non sei al top della forma?

  • Gli allenatori e la dirigenza della società sportiva scoraggiano e disapprovano atteggiamenti e comportamenti negativi degli atleti e dei genitori nei confronti degli arbitri o dei membri delle altre squadre?

Parlane con i tuoi compagni/e di squadra e con il tuo allenatore o la tua allenatrice e invita la tua società a partecipare al nostro progetto!

Nel nostro progetto creeremo anche tanti altri stimoli per i giovani atleti per aumentare la consapevolezza e il riconoscimento di situazioni di violenza che possono manifestarsi nell’ambiente sportivo. Unisciti a noi!